top of page

LA FRAGILITÀ DELLA SUPPLY CHAIN...

...e l’importanza di avere un piano B

La fragilità della Supply Chain

In questo particolare momento storico l’emergenza Coronavirus sta facendo emergere la fragilità della Supply Chain in diversi settori produttivi, non solo nel nostro paese, ma in tutto il mondo.

Avavamo già affrontato l’argomento a Gennaio 2019 nella nostra pillola “SUPPLY CHAIN - Il valore della catena di fornitura” dando evidenza dei fattori di rischio, sia interni che esterni, che possono influire sul funzionamento della catena di fornitura, peggiorandone le performance o addirittura bloccandola.

Nel particolare caso della pandemia da Covid-19 vediamo quali sono i fattori di rischio che maggiormente stanno impattando sulle imprese:

Fattori di rischio ESTERNI

    Andamento macroeconomico
    Inadempienze fornitori
    Concentrazioni di mercato
    Pandemia

Fattori di rischio INTERNI

(raggruppati par macroaree)

STRATEGICI

    Pianificazione acquisti
    Dipendenza da fornitori strategici
    Concentrazioni di mercato
    Capacità produttiva

OPERATIVI

PROCESSI

    Capacità operativa per funzioni critiche
    Processi critici ancora non informatizzati
    Sistemi informativi non integrati
    Inadempienze fornitori
    Interruzione attività

 

RISORSE UMANE
    Propensione al cambiamento
    Sciopero


INTEGRITÀ
    Frodi di terzi
    Atti non autorizzati


SISTEMI INFORMATIVI
    Sistemi frammentati
    Blocco ai sistemi informativi


INFORMATIVA / DATI
    Security

FINANZIARI

    Liquidità
    Fallimento produttore

Il funzionamento della Supply Chain a livello globale è ben spiegato nell’articolo della giornalista Laura Magna, uscito ai primi di marzo, di cui condividiamo pienamente il contenuto e vi proponiamo alcuni estratti:

La Supply Chain al tempo del Coronavirus,
tra Risk Management e Cina dipendenza

Dall’allarme rosso si è passati al ridimensionamento dell’emergenza, ma l’industria deve ancora fronteggiare l’impatto enorme del Coronavirus su Supply Chain ed esportazioni.
Blocco della Supply Chain, che deriva dallo stop imposto alle fabbriche cinesi. Il governo di Pechino ha annunciato che l’80% delle aziende di Stato (e il 70% di quelle private) ha ripreso le attività, ma sulle linee c’è solo il 20% della forza lavoro totale (fonte Digitimes), e per i settori cruciali delle filiere produttive come quelli di componenti o il tessile, le attività hanno ripreso a un ritmo inferiore al 10% della capacità totale, secondo gli analisti di Icis.

Un bel problema: dalla Cina arrivano in Europa tutti i componenti hi-tech, le molecole che vengono usate nel pharma, le materie prime tessili per il fashion; e quelli necessari per automotive, telecomunicazioni, meccanica. Mentre alcune delle fabbriche di Lombardia e Veneto, da cui dipende il 40% della manifattura italiana, hanno già chiuso per precauzione o proprio perché «si trovano davanti alla progressiva paralisi delle catene di approvvigionamento o all’impossibilità di transito delle merci: le aziende che puntano sulla produzione just-in-time si trovano in notevole difficoltà, e sempre più prossime al completo blocco della Supply Chain», dice a Industria Italiana Mark William Lowe, socio Anra e Membro dell’Advisory Board di Pyramid Temi Group.

Dunque, il blocco della Supply Chain è la conseguenza più immediata del Coronavirus sulla produzione.

Per tutelare le aziende da conseguenze catastrofiche i Risk Manager in primo luogo studiano le dinamiche dei rapporti con l’estero, e la maniera in cui queste possono impattare sulla catena di fornitura. Il compito del Risk Manager, a questo punto, è quello di monitorare il rischio di cambiamento, per cercare di anticipare il momento in cui può comparire un problema, ed elaborare non solo un piano B in caso di blocco, ma anche con un piano C che garantisca il regolare transito delle merci».

Siamo Cina-dipendenti

Ma il Coronavirus ha fatto emergere con evidenza un fatto e cioè che per molte produzioni tutto il mondo sia ormai Cina-dipendente. La Cina è la fabbrica del mondo e non è detto che ci siano alternative. La Cina ha il monopolio su certi settori, componenti dell’elettronica, delle telecomunicazioni, ma anche in campo pharma produce componenti chimici che sono utilizzati in Europa dove vengono prodotti i farmaci.

L’importanza di un piano B (anche adesso)

«Data l’incertezza della situazione, è il momento migliore per pianificare metodi che permettano alle aziende di rientrare dei danni subiti: alcune di queste hanno già un progetto di recupero per il momento in cui si tornerà alla normalità».
Ma, in maniera preventiva, «le aziende dovrebbero sempre dotarsi di un piano B a tutela del proprio business», come afferma Lowe.

Il ruolo del Risk Manager

Come fa un Risk Manager a prevedere uno scenario così catastrofico? «Le aziende che hanno mandato tutti in smart working sono quelle che hanno previsto che poteva diventare necessario. Possiamo prevedere non il momento in cui si verificherà un terremoto ma come agire nell’eventualità che avvenga.

Che impatto sull’economia mondiale ci dobbiamo aspettare dal blocco prolungato della Supply Chain?

Alcune indicazioni possiamo estrapolarle dal rapporto di McKinsey & Company “COVID-19 Briefing Note” del 15/03/2020:

FORNITURA E PRODUZIONE
Riduzioni della capacità di produzione, dovute a carenze di materiali e manodopera, che porteranno ad ulteriori interruzioni del sistema di distribuzione.

LOGISTICA E TRASPORTI
La ripresa di efficienza e capacità di movimentazione delle merci via nave, aereo e autotrasporti, richiederà un lungo periodo di tempo, con la conseguenza che ci saranno aumenti di prezzo a breve termine.

DOMANDA DELLA CLIENTELA
Il crollo della domanda potrebbe persistere, soprattutto nei settori Automotive e High-tech, mentre i picchi di domanda in altri settori come il Farmaceutico, dovuti ad attori non coordinati, esaspereranno ulteriormente la Supply Chain.

In questo contesto è evidente che dotarsi di un piano B per gestire le emergenze diventa fondamentale

Quindi da dove partire per progettare un piano B efficace nel caso di una Supply Chain a rischio globale?

1.

Mappatura della propria catena di fornitura e analisi dei potenziali rischi connessi attraverso un processo di Risk Assessment.
Questa attività è utile per prendere consapevolezza di quali siano i rischi che si possono gestire e/o ridurre in maniera preventiva, che vanno distinti dal “rischio d’impresa” normalmente accettato.

2.

Attivazione di un sistema di Risk Management su tutta la filiera per definire le migliori strategie per governare tali rischi.
Come indicato nella UNI EN ISO 9001:15, questo processo permette di modificare l’atteggiamento di conduzione di un’azienda da reattivo a proattivo, focalizzandolo sugli eventi futuri e sui piani di prevenzione dei rischi potenziali.
L’analisi, la gestione e il monitoraggio dei rischi si può e si deve integrare nei principali processi di definizione (e non solo di esecuzione) delle strategie aziendali, poiché permette di minimizzare i danni derivanti dai rischi potenziali nel caso si concretizzino in eventi dannosi.

Situazioni emergenziali come la diffusione del Coronavirus sono imprevedibili e difficili da governare.
Ciò che gli imprenditori possono fare è prepararsi ad affrontarle prima, anche se le probabilità che tali rischi si manifestino sono basse, progettando soluzioni efficaci, non generate dall’emotività e dalla contingenza del momento.

  • LinkedIn Icona sociale

Articolo pubblicato il
19 Marzo 2020

Daniele Paiano

Managing Partner, Amministratore e co-fondatore di Dynamics 360 Srl
Consulente di direzione esperto in Risk Management

bottom of page